Pubblicato su politicadomani Num 89 - Marzo 2009

L’intervista
Rifiuti urbani: modelli e strategie positive

Termina con questo numero l’intervista al Prof. Franco Ortolani. Non termina però la battaglia. Il sistema raccolta e smaltimento rifiuti può diventare una risorsa per la comunità, senza inquinare e rispettando l’ambiente. Purché ci si sieda tutti attorno a un tavolo e si discuta di protezione ambientale e di sviluppo del territorio

La questione discarica di Chiaiano, nel polmone nord di Napoli, continua ad agitare giustamente gli animi. Dopo le ultime scoperte di materiali pericolosi - si tratta di un’intera collinetta di depositi di amianto - e dopo gli ultimi smottamenti, per far fronte ai quali si è intervenuti con una nuova imbracatura, la gente, nonostante lo sfinimento di dieci mesi di lotta, è ancora pronta a scendere in strada per difendere salute pubblica e ambiente.
Eppure il tema smaltimento rifiuti può essere affrontato in modo sereno e razionale, sempre che si voglia lavorare insieme per superare le difficoltà con una buona dose di intelligenza non disgiunta da pragmatismo.

Ragioniamo un attimo in positivo. Se discariche e inceneritori non sono la soluzione, come fare?
La raccolta differenziata è la soluzione del problema. Ci sono in Campania, comuni che arrivano fino al 70 percento di raccolta differenziata. Poi, però, non hanno dove portare la materia organica che va a finire fino in Sicilia. Ci sono comuni che da anni fanno raccolta differenziata e sono in gara per raggiungere il traguardo “rifiuti zero”. Capannori in Toscana è stato fra i primi, ma ce ne sono molti anche in Campania. Con le discariche siamo solo alla preistoria del sistema.

Si parla di discariche non inquinanti come soluzione provvisoria ma economica ed efficace. Di che cosa si tratta in concreto?
Anche noi, fin dal gennaio 2007, abbiamo proposto un intervento innovativo che va nella direzione di tutelare l’ambiente e le risorse del cittadino. Un intervento non eccezionale che abbiamo anche pubblicato e che si basa su un principio molto semplice: se io seleziono a monte il materiale, già ne riduco la pericolosità. Tuttavia, poggiando a terra il materiale selezionato, se piove, l’acqua che lo attraversa si inquina e si trasforma in percolato la cui capacità di inquinamento dipende dal materiale che è stato attraversato dall’acqua. Il percolato deve essere continuamente raccolto da autobotti e portato in impianti di depurazione per essere trattato. È un’operazione molto costosa. Per esempio, per lo smaltimento del percolato della discarica di Macchia Soprana che era attiva a Serre, occorrevano dai 20 ai 25 mila euro al giorno. Una bella cifra perché, anche ricoprendo la discarica una volta riempita, il percolato continuerebbe ad uscire per alcuni anni, sia pure sempre un po’ di meno: non entrando infatti più acqua non se ne formerebbe più. E intanto, per tutto il periodo in cui il percolato continuerebbe ad uscire, ci sarebbe qualche milione di euro di spesa.

Quindi, nonostante la selezione a monte del materiale, nulla garantisce che il sistema non sia inquinante e la spesa non sia molto grande.
Esatto. Conviene allora fare qualcosa di diverso che sia più efficace e funzionale. Il progetto di cui ci siamo fatti promotori prevede una strategia semplice e razionale. Essa consiste nell’individuare delle aree che abbiano una morfologia che consenta di fare tante vasche parallele delle dimensioni, tutte uguali, e di realizzare la impermeabilizzazione di una vasca di raccolta di percolato. Le prime due vasche - di 200x100 metri di dimensione, per esempio - vengono coperte con dei capannoni smontabili del tipo di quelli industriali, operazione che dal punto di vista della ingegneria meccanica è possibile. Si comincia quindi a riempire la prima vasca e poiché essa è al coperto non si produce il percolato, che è la parte che costa di più smaltire perché è quello che inquina. Una volta che la prima vasca è stata riempita, viene sigillata con il terreno e viene ricomposta la vegetazione in modo tale che, quando piove, non entri più acqua. Intanto il secondo capannone è già pronto e si comincia a riempire il secondo, mentre la copertura del primo viene smontata e rimontata sulla terza vasca. La spesa complessiva è quindi relativa alla copertura delle prime due vasche con capannoni smontabili, e quella del montaggio e dello smontaggio. E non si spende niente per lo smaltimento di percolato. Si danno così segnali positivi ai cittadini perché si tutela l’ambiente e perché, per fare le vasche, si scelgono dei siti idonei e non certamente un parco.
Quindi le metodologie ci sono, purché, però, ci sia un interlocutore che pensi di fare il bene di tutti i cittadini e non quello di solo alcuni cittadini. Un interlocutore che, invece, non abbiamo.

Perché le cave scelte per la discarica di Chiaiano-Marano non sarebbero idonee a contenere i rifiuti?
Perché si tratta di cave a fossa e nelle cave a fossa non si può fare nessuna manutenzione. L’impermeabilizzazione, anche se fatta bene e realizzata bene, non può durare più di 10 o 15 anni, 20 anni al massimo. Dopo, il percolato va giù ad inquinare il terreno e le acque. La legge attuale dice che è possibile avere una discarica a due metri sopra la falda. Tuttavia la legge non dice che è consentito inquinare la falda dopo 10, 15 o 20 anni. Il fatto è che questa legge è stata fatta da persone che pensavano di essere gli ultimi rappresentanti della specie biologica sulla terra. Perché, se avessero pensato che dopo di loro la gente continuerà ad abitare il territorio e a usare le risorse, avrebbe fatto in modo che la tutela venisse prolungata per secoli.

Ogni provincia deve avere un proprio impianto di smaltimento rifiuti, dice la legge. Ma come fare nella provincia di Napoli?
La provincia di Napoli, per le caratteristiche ambientali, geologiche, idrogeologiche, di densità demografica, non può ospitare grandi discariche. Neppure, però, può portare i propri rifiuti in altre zone. Napoli e la sua provincia hanno una sola scelta obbligata: ridurre i rifiuti. Ci deve cioè essere un progetto speciale teso al “rifiuto zero”. In altre province - Benevento e Avellino, ad esempio - ci sono enormi estensioni e si producono pochi rifiuti: lì una discarica dura 10 anni. Napoli, invece, doveva fin dall’inizio selezionare i rifiuti in modo da utilizzare sempre di più lo scarto e ridurre ciò che deve essere smaltito. A quel punto è possibile pensare a tante discariche piccole, adeguatamente ubicate e realizzate in maniera tale da tutelare l’ambiente e il territorio.

Facciamo un po’ di fantapolitica: abbiamo un interlocutore sensibile e una popolazione consapevole. Quanto tempo sarebbe necessario per arrivare, se non ad una soluzione definitiva, almeno ad una accettabile?
A questo proposito nel giugno del 2007 scrissi un articolo facendo, all’epoca, questo ragionamento banale: utilizzare per due anni una grande area militare di circa 600 ettari, che si trova in provincia di Salerno e dove si va solo per fare degli spari, e realizzare lì una discarica modello nel senso che dicevo prima, in modo tale che non inquini. Avremmo avuto allora due anni di tregua sociale: senza andare a creare scontri a Sant’Arcangelo, Savignano, Terzigni, Chiaiano, Marano, oppure adesso a San Tammaro, poi, dopo, a Caserta, si aveva per due anni dove andare a portare il materiale. Intanto si avviava il progetto raggiungimento rifiuti zero nella provincia di Napoli, incentivando i comuni più abili.
Garantita la calma, occorre affrontare la questione “Napoli”, perché è qui che si produce il 70/80 percento dei rifiuti dell’intera regione ed è qui che bisogna intervenire. Al tavolo della pianificazione però debbono sedere tutte le province della Campania perché il progetto deve consentire di programmare dove realizzare sia le cose brutte che quelle positive. È in quella sede che è possibile contrattare con i comuni e chiedere la collaborazione perché si garantisce loro la tutela ambientale e li si aiuta a risolvere altri problemi. Ad esempio, se da una parte io faccio una discarica di materiale inerte che non inquina, per lo smaltimento di 500 mila metri cubi di materiale, ripeto, sicuramente non dannoso, poi, però debbo anche venire incontro a questi comuni trattando con loro. Posso risolvere i loro problemi ambientali - a causa di materiale scaricato prima -predisponendo per la bonifica 500 milioni di euro. Oppure, posso progettare il collegamento veloce con le zone circostanti e con la città, se è ciò di cui c’è bisogno. Si pianifica così la risoluzione dei problemi che esistono e in questo modo il territorio viene coinvolto: sa che se riceve una parte di danno ha però anche dei vantaggi.
Invece, oggi, la pianificazione regionale fatta per le diverse province tratta solo delle cose buone (decise però dal “Palazzo”), perché quelle cattive, come le discariche, vengono imposte per decreto legge. Come l’ultimo del maggio scorso in cui è stato deciso di piazzare 10 discariche in aree dove per secoli gli abitanti hanno portato avanti le famiglie con quel poco di risorse che ci sono e stavano pianificando il loro avvenire chi con l’olio doc, chi con il vino buono, chi con le ciliege, chi con il caciocavallo buono. Una decisione come questa fa crollare tutta una microeconomia locale. Se una discarica deve venire è bene che si pianifichi dove possa arrivare, senza dare fastidio e senza procurare danni all’ambiente. Occorre programmare le modalità di realizzazione e occorre farlo con il contributo di tutti. Questo significa pianificare da cittadini e per i cittadini.

Perché, secondo lei, non è stato fatto questo tipo di pianificazione? Per incompetenza, per disinteresse?
No, perché come ho spiegato [all’inizio di questa intervista n.d.r.], la situazione di emergenza conviene. Soprattutto alle banche. Se io devo far persistere il più a lungo possibile lo stato di emergenza non mi conviene fare questo discorso conciliante. Devo anzi aizzare i cittadini gli uni contro gli altri, quelli della fascia costiera contro quelli delle aree interne, perché così posso cavalcare la conflittualità che si crea fra poveri del tutto a mio vantaggio. Così dico, ad esempio, che si deve fare per forza la discarica a Chiaiano, nonostante sia palese la inadeguatezza del luogo, perché altrimenti nelle aree interne non ci permetteranno di fare le altre discariche. Sono affermazioni che ho verificato personalmente. È come il gioco delle tre carte ...

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